AIgeist 57 │Cosa abbiamo capito del futuro dell'AI? │ Previsioni più o meno riuscite dal passato │ Gates: in 10 anni dottori e insegnanti rimpiazzati │ Miyazaki l'aveva detto: l'AI è un insulto
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Notizia importante per i lettori di AIgeist: non ci troverete in mailbox settimana prossima ma non vi preoccupate: torneremo tra 15 giorni con un nuovo formato, nuove idee e nuove iniziative. Ci serve un po’ di tempo per rileggere quanto fatto fin qui, come sta cambiando il fenomeno sotto i nostri occhi e analizzare i vostri feedback, utilissimi.
Buona lettura!
"La sera ci siederemo in poltrona per riguardare i video, selezionati per noi da un computer addestrato a scegliere solo i nostri migliori momenti, i nostri dialoghi più arguti, le nostre espressioni più riuscite, filmati attraverso i filtri più efficaci, e poi cuciremo insieme questi pezzi in una rappresentazione molto migliorata della nostra giornata."
Quando fu scritto? Nel 2000, quando nasce Internet per tutti? 2010? 2020? Oggi? No, è il 1977, e questa previsione che non è altro che la nostra vita di adesso immersa nei social media. Questa frase non viene da uno scienziato, ma da uno scrittore, J G Ballard. Prevedere il futuro è difficile, e a volte gli artisti hanno più precisione degli scienziati.
In questo numero di AIgeist proveremo a fare i conti con il tempo. L’immediato passato e le previsioni che si è portato dietro, il presente con le dichiarazioni dei protagonisti dell’oggi, e il futuro che stiamo disegnando intorno all’intelligenza artificiale.
1. Gates: in 10 anni l’intelligenza (tecnica) sarà gratuita, dottori e insegnanti saranno superati dall’AI
Meglio un dottore o un insegnante mediocre o un’AI che li sostituisce? “La maggior parte” dei compiti umani secondo il creatore di Microsoft (che ha fondato 50 anni fa, è di questi giorni l’anniversario) saranno fatti da macchine nel giro di 10 anni. Ma in altre interviste di questi giorni Gates insiste sulla impossibilità di prevedere nel dettaglio cosa accadrà (dopotutto lui e la sua squadra non hanno previsto il successo dell’iPhone, o di Google), e sulla necessità di guidare con sensibilità i prossimi passaggi, una sensibilità che solo noi umani avremo a disposizione.
🪄Risorsa: Bill Gates: Within 10 years, AI will replace many doctors and teachers—humans won’t be needed ‘for most things’ - CNBC.com
🧠La versione di AIgeist: Gates ha già previsto vari passaggi dell’AI con buona accuratezza. Certo, 10 anni sono tanti di questi tempi, ma ci sentiamo di dire che saremmo stupiti che non si avverasse.
2. Hinton: 10-20% di probabilità che l’AI terminerà l’umanità entro 30 anni se non facciamo delle cose
Quanti esempi conosci di una cosa più intelligente controllata da una meno intelligente? Nessuna, ma a guardare bene…
Se infatti vediamo le tre priorità che dobbiamo darci per tenere sotto controllo il rischio cosiddetto “sistemico” dell’AI e le paragoniamo al programma Trump, ci viene un brivido. Se infatti “regole comuni, cooperazione internazionale e un’educazione all’innovazione” sono i nostri salvagente, c’è in giro qualcuno che li vorrebbe bucare.
Geoffrey Hinton è quel premio Nobel da noi spesso citato e dalla stampa ribattezzato “il padrino dell’AI” molto vicino a Google e strenuo sostenitore dei rischi intrinseci dell’AI. Chissà come vede l’introduzione da parte di Google dei risultati di ricerca “intelligenti”?
🪄Risorsa: Geoffrey Hinton Predicts Human Extinction At The Hands Of AI. Here’s How To Stop It - Forbes.com
🧠La versione di AIgeist: fingers crossed… 🤞🏻
3. Musk: ci saranno robot AI per tutti ma questo non ci servirà (anzi…)
Il rischio esistenziale è l’eccesso di tutto. Elon Musk, secondo molti con l’intento specifico di rallentare lo sviluppo dell’arcinemico OpenAI (vedi AIgeist 45), si sbraccia da tempo (qui una lettera aperta del 2015 insieme a migliaia di scienziati) con previsioni catastrofiche sullo sviluppo dell’AI, ma in particolare, per lui appassionato di hardware, dei “robot umanoidi” che a suo dire entreranno massicciamente nelle nostre case “in una decina d’anni”. Certo che il suo track record di previsioni brilla per errori marchiani, a tal punto da stimolare raccolte impietose come questa del magazine Quartz, intitolata sobriamente “Le 10 previsioni sbagliate e promesse non mantenute di Elon Musk”.
L’autore di questo articolo dello Spectator, media tradizionale per eccellenza e come tale non proprio amante dell’imprenditore sudafricano, evidenzia molto bene le contraddizioni delle sue varie dichiarazioni sull’AI, e le connette a vari pensatori di quel campo politico oggi dominante. Bella lettura davvero.
🪄Risorsa: Elon Musk’s AI predictions should terrify us - Thespectator.com (registrazione gratuita obbligatoria)
🧠La versione di AIgeist: Elon Musk, cosa c’è ancora da dire dell’uomo? Le sue previsioni sono spesso errate, la sua sicurezza nel farle intatta, il suo potere cresce di giorno in giorno. Ma c’è chi fa previsioni e dice: l’amore con Trump durerà poco…
4. Bundy: la superintelligenza non è un problema, le macchine stupide lo sono, e parecchio
Chi non si è imbattuto in quel bot incompetente che fa da customer service? Facciamo un salto indietro nel tempo. 2017, Alan Bundy, matematico e informatico scozzese ormai quasi ottantenne, pubblica l’articolo indicato da noi sotto, con conseguente scalpore. La sua previsione infatti attraversa la discussione di oggi ad ogni livello, prendendo un angolo inaspettato. Vi lasciamo alla lettura integrale, ma in breve la sua idea è la seguente: ci saranno senz’altro macchine sempre più intelligenti (ed è successo puntualmente), ma sapranno fare a livello umano, o addirittura superiore, solo una cosa alla volta, perché la vera intelligenza umana lavora come un sistema di conoscenza interconnesso che non è ripetibile da nessuna macchina. Peggio ancora, noi crederemo di avere davanti una macchina superintelligente, ma in realtà sarà molto, troppo stupida. E qui sta il vero rischio.
🪄Risorsa: Smart Machines Are Not a Threat to Humanity - ACM.com
🧠La versione di AIgeist: : “Shit in, shit out” dice un motto anglosassone spesso applicato all’informatica. Eh sì, perché oltre alle macchine stupide dovremmo forse preoccuparci dei dati stupidi, o della stupidità di chi quei dati ha generato.
5. Miyazaki: l’arte fatta con l’AI è disgustosa (e anche stupida)
Hayao Miyazaki nel 2016 a Tokyo, durante la dimostrazione di uno dei primi esperimenti di AI applicata all’animazione, non ha usato mezzi termini per descrivere il futuro dell’arte fatta con l’intelligenza artificiale: “Disgustosa, un insulto alle vita stessa”. Immaginiamo quale potrebbe essere la sua reazione ora di fronte al fenomeno virale della ghiblizzazione delle foto attraverso ChatGPT che, come ha affermato Sam Altman, hanno “fatto esplodere i server”. Un milione di persone in una sola ora si sono iscritte al servizio solo per trasformare la foto di famiglia in scatti degli anime dello studio Ghibli, celebre casa di produzione di animazione giapponese fondata da Miyazaki nel 1985. Per ora il maestro dell’animazione giapponese, di 84 anni, non ha commentato questo trend virale, sull’orlo dell’idiozia, nato grazie al chatbot più famoso ( ⬆️a testimonianza di ciò basta vedere l’uso che ne ha fatto l’account ufficiale della Casa Bianca su Twitter, che ha ghiblizzato l’arresto di una donna domenicana clandestina a Philadelphia). Lo studio Ghibli ha però -purtroppo- poche armi per bloccare l’uso del proprio stile da parte di OpenAI. Secondo le leggi attuali, il copyright protegge opere specifiche, non stili artistici. Questo significa che imitare uno stile, come quello di Ghibli, non è di per sé una violazione, anche se le immagini AI ne evocano chiaramente l’estetica (colori pastello, linee morbide, atmosfera sognante), ma si guardano bene da replicare fotogrammi o personaggi protetti.
🧠La versione di AIgeist: parafrasando un celebre motto di Oscar Wilde potremmo dunque dire che “l'intelligenza artificiale imita l’arte più di quanto l’arte non imiti l’intelligenza artificiale”.
🧠La risposta di ChatGPT: La frase "L'intelligenza artificiale imita l'arte più di quanto l'arte non imiti l'intelligenza artificiale" è quasi un piccolo paradosso, ma racchiude una riflessione interessante su creatività e tecnologia. Vediamo insieme che cosa può voler dire:
1. L’AI si nutre dell’arte umana
L’intelligenza artificiale, soprattutto quella generativa come ChatGPT o i modelli di immagini, non crea dal nulla. Impara da milioni di opere d’arte, testi, stili, musiche… prodotti da esseri umani. Quindi:
👉 L’AI imita l’arte perché dipende da essa per creare qualcosa di nuovo.
🧠 2. L’arte raramente imita l’AI
Al contrario, l’arte creata dagli esseri umani raramente prende l’IA come punto di partenza o modello creativo. Certo, ci sono opere che parlano di tecnologia o che usano l’IA come tema, ma:
👉 In generale, l’arte non "imita" l’AI, non si ispira al suo modo di pensare o creare.
⚖️ 3. È uno squilibrio creativo
La frase mette in evidenza che la creatività dell’AI è derivativa, mentre quella umana è originaria. L’arte viene prima, l’AI viene dopo. L’AI replica, mentre l’essere umano esprime.
💡 In sintesi:
L’AI è un riflesso dell’arte umana, non il contrario.
Per ora, l’AI può solo seguire il sentiero tracciato dagli artisti, non aprirne di nuovi.