AIgeist 38 │🔍 ChatGPT lancia il suo motore di ricerca │ Come funziona e il confronto con Perplexity │La risposta di Google e il nuovo mercato │ E se la ricerca uscisse dal buco?
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A soli tre mesi dall’annuncio del prototipo, il 31 ottobre, ChatGPT ha rilasciato la prima versione della sua search per gli utenti premium (a breve sarà a disposizione anche per la versione free). Basta cliccare sull’icona 🌐 e fare una domanda su tutti gli argomenti per ottenere risposte rapide e dirette scritte in linguaggio naturale con link a fonti web pertinenti cioè quelle con cui OpenAI ha stretto accordi: Associated Press, Axel Springer, Condé Nast, Dotdash Meredith, Financial Times, GEDI, Hearst, Le Monde, News Corp, Prisa, Reuters, The Atlantic, Time e Vox Media. I motori che producono i risultati sono Bing di Microsoft e altri non specificati e poi c’è come bacino a cui attingere anche Reddit con la quale è stata siglata una partnership il maggio scorso.
E proprio su questa piattaforma è stata aperta una sessione di AMA (abbreviazione di "Ask Me Anything") dove gli utenti hanno posto domande a Sam Altman e al team di OpenAI sul futuro del bot e sulle nuove funzionalità della ricerca. A questo proposito Altman ha anticipato che in un futuro prossimo:
“a una query di ricerca si potrà ricevere come risposta una pagina web personalizzata creata dinamicamente“
Le conseguenze di questa feature potrebbero sconvolgere il SEO, e la ricerca come la intendiamo oggi, che, come anticipa il Guardian, potrebbe presto essere affiancata dal GEO (generative engine optimisation). Ma come dicevano siamo ancora agli albori. Le risposte sono generalmente efficaci, a differenza della ricerca di Google non complicate dagli annunci sponsorizzati, ma spesso pescano male e danno vita a risposte farlocche e inventate. E qui l’ostacolo, al momento, non è facilmente aggirabile. Poiché secondo il vicepresidente senior della ricerca di OpenAI Mark Chen:
“le allucinazioni saranno un problema persistente poiché i nostri modelli imparano da testi scritti da esseri umani e gli esseri umani a volte dichiarano con certezza cose di cui non sono sicuri“
Ci sono poi moltissime omissioni nella neonata search. Non compaiono tra i risultati di ricerca i contenuti di YouTube, le attività dei social, di TikTok, Amazon, quelli classificati NSFW (Not safe for work) come YouPorn ecc, e sono scoperte le aree dello shopping e dei viaggi. La ricerca di ChatGPT è comunque in grado di restituire grafici con le quotazione di Borsa in tempo reale, risultati sportivi, previsioni meteo e mappe con le schede dei ristoranti e voli aerei (con risultati molto parziali). Gli utenti possono anche effettuare ricerche direttamente tramite la barra degli URL del browser scaricando l’estensione per Chrome (che si apre in una nuova finestra) bypassando completamente Google Search.
La risposta di Google e il mercato
La bomba l’ha tirata Gartner questo febbraio: tra qui e il 2026 il traffico dei motori di ricerca (leggasi, Google) calerà del 25%. Boom.
E dopo la bomba l’attacco all’arma bianca: l’AI produrrà contenuti che “inquineranno” la qualità dei risultati di ricerca, principalmente via SEO, in ogni caso, quindi oltre al passaggio a sistemi di domanda/risposta “a la” chatbot, ci sarà anche una “fuga” dalle liste di website come risultati, poiché i siti saranno sempre più pieni di contenuti spam o fake.
Ma non tutti ci stanno: questa informata rassegna di Search Engine Journal porta 7 ragioni perché questo calo non debba accadere. Ne prendiamo due che troviamo interessanti: primo, i chatbot basati su LLM sono tropo costosi e non possono ragionevolmente servire il numero di ricerche tipiche dei search engine. E secondo, stiamo assumendo che i motori non si adattino alle nuove funzioni AI, ma come sappiamo sia Google che Bing lo stanno facendo, e ibridando ricerca “tradizionale” e bot/LLM con Ai overviews e agenti vari.
Altri commenti della stampa non vedono alcun impatto nel breve periodo (qui per esempio Fortune) e poco anche nel medio. Insomma c’è una grande battaglia di comunicati, per un motivo ben preciso: il mercato della pubblicità collegato ai motori di ricerca è un mostro da 300+ miliardi all’anno, e crescerà ancora linearmente almeno per i prossimi 10 anni, chi non vorrebbe prendersene una fettina?
Intanto le due fettone più grandi si chiamano Google e ancora Google, o almeno Alphabet: forse non tutti sanno che il secondo più grande motore di ricerca al mondo è YouTube (o meglio, la classifica recita Google, Google Images, YouTube ad essere precisi). Ma attenzione anche ad Amazon, che con l’eccezione della generazione Z, è il primo motore di ricerca per i prodotti.
Infine tocca ai convitati di pietra, per esempio Apple: riceve almeno 20 miliardi all’anno per avere Google come search default sui suoi telefoni, e ha rifiutato di sostituirlo con Bing per qualunque cifra Microsoft mettesse sul piatto.
Ma ora la strategia Apple potrebbe virare almeno leggermente, sia per respingere gli attacchi dell’antitrust, sia per… altro denaro. E anche se fonti dicono che l’accordo estivo tra OpenAI e Apple non contenga scambio di denaro una cosa è certa: Apple sta già risparmiano miliardi su miliardi non creando il proprio LLM, ma distribuendo quello altrui, esattamente come ha fatto con la ricerca per anni. E cosa c’è di meglio di una bella asta per le “eyeball” degli utenti “più ricchi del mondo” (Cit, Scott Galloway) per mostrargli oggi la ricerca, domani un chatbot, dopodomani chi lo sa?
La prova e la differenza con Perplexity
Abbiamo provato a mettere a confronto i risultati della ricerca ponendo gli stessi quesiti a ChatGPT e Perplexity nell’attesa che anche Meta sviluppi il suo motore di ricerca attraverso il chatbot AI in grado di fornire anch’esso risposte personalizzate, annunciato proprio in questi giorni. La prima prova è stata sull’ultimo discusso film di Sorrentino “Parthenope”. Alla domanda “Mi dici le più affidabili recensioni di Parthenope della stampa?” le risposte date dai due bot sono state simili anche se pescate da fonti diverse. Perplexity ha fornito come fonti Close-up, Movieplayer e Darkside Cinema e MYmovies proponendo questa sintesi:
In sintesi, Parthenope ha suscitato reazioni miste: mentre alcuni critici lodano la bellezza visiva e l'approfondimento tematico del film, altri evidenziano difetti significativi nella narrazione e nella struttura complessiva. La varietà delle opinioni riflette la complessità dell'opera e l'eredità artistica di Sorrentino nel panorama cinematografico contemporaneo.
Il bot di OpenAI ha invece elaborato le critiche prese da Cinefilos.it, Birdmen Magazine, Cineuropa e Vanity Fair chiudendo con questa sintesi:
Nonostante le critiche contrastanti, "Parthenope" ha conquistato la vetta del box office italiano e ha generato un vivace dibattito sui social media, con meme, recensioni del pubblico e discussioni accese. In sintesi, "Parthenope" ha diviso la critica, ricevendo sia elogi per la sua estetica e profondità, sia critiche per un presunto eccesso di stile a scapito della sostanza narrativa.
Un risultato direi onesto per entrambi anche se, a differenza di OpenAI che non fornisce altri spunti, Perplexity aggiunge anche la sezione Related che spinge l’utente a scoprire di più sulla pellicola, offrendo altre curiosità come: quali attori sono stati più criticati nel film, come ha reagito il pubblico rispetto alle recensioni negative, quali scene sono state considerate le più imbarazzanti ecc.
Le risposte date invece dalle due piattaforme sono carenti se si chiedono informazioni sui cinema dove poter vedere il film. Mentre Google dà le sale e gli orari di programmazione, gli altri due bot non lo fanno e non riescono ad elaborare un elenco completo delle sale. Perplexity poi canna proprio, mettendo solo due cinema e aggiungendo un evento speciale del 31 ottobre.
E se la ricerca uscisse dal buco?
Alti e bassi rischi e opportunità, ma secondo alcuni analisti – qui un contributo illuminante – questo è un modo vecchio di vedere le cose. Se il buon vecchio “buco di ricerca web”, inventato nel 1989 da uno studente bajan-canadese, è ancora potentemente al centro della rete, come scriviamo anche in un altro luogo parlando di “zero clic internet” le cose stanno cambiando mentre parliamo. Pensiamo a tutto il tempo che la gente passa guardando video su TikTok o storie su Instagram, o mangiando patatine davanti a Netflix. Tutte occasioni per inserire elementi di “nuova ricerca”, certamente basata su AI, per proseguire l’esperienza, approfondire, e alla fine cercare qualcosa. Guardo un video di TikTok dove si cammina nelle vie di Amsterdam, penso che potrei andarci il prossimo weekend e posso lanciare una ricerca di voli e hotel senza lasciare la app, il cui risultato mi viene restituito in un video fatto apposta per me, e da lì prenoto usando la voce o un chatbot, che mi propone anche di comprarmi un impermeabile o il biglietto del mio gruppo rock preferito, casualmente in città quel weekend.
Tutte operazione che farei tipicamente facendo decine di ricerche su Google, sui suoi verticali come Google Flights o con Booking.com, la triade del cercatore-viaggiatore medio e di mezza età. Ma noi non siamo gli utenti di oggi, che partono dai video e dalle storie, ma veniamo dal mondo del browsing, possibilmente desktop. Vedete ora il rischio?